SOUND DESIGN

Come nasce il progetto Neri Pozza Podcast?

 

Secondo Giuseppe Russo, direttore editoriale di Neri Pozza, «Neri Pozza Podcast è una scelta naturale per una casa editrice che fa della comunicazione della propria identità un aspetto fondamentale del proprio lavoro. La nostra ambizione, infatti, è pubblicare non semplicemente libri, ma opere che lascino il segno nella battaglia delle idee e, in generale, nella cultura del nostro tempo. Da questo punto di vista, le due prime storie sono esemplari dell’indirizzo che Neri Pozza Podcast intende prendere. La pubblicazione di Caro Pier Paolo di Dacia Maraini diventa, nel podcast, l’occasione per ripercorrere il legame con la grande stagione letteraria del secondo Novecento, di cui Pier Paolo Pasolini è stato uno dei maggiori esponenti. Così come, nelle puntate del secondo podcast, Maledetta Sarajevo di Mian e Battistini offre lo spunto per mostrare una circostanza inaudita, divenuta ora di estrema attualità: che la guerra, brutale, feroce, nel cuore dell’Europa non è consegnata affatto all’armadio del Novecento. Emanuele Trevi ha scritto una volta che non soltanto il fascino, ma l’essenza stessa della letteratura sta nel mistero della voce umana. Che i podcast, così come gli audiolibri siano oggi al centro dell’attenzione non stupisce affatto. Offrono la possibilità, irripetibile, di ascoltare e riascoltare, al di là del dilagante frastuono e della futilità delle immagini, voci che ci narrano storie, magnifiche o anche terribili, per comprendere il nostro tempo o per godere delle pagine migliori della nostra letteratura».

Il progetto Neri Pozza Podcast si avvale della collaborazione del musicista, compositore e sound designer Simone Campa che ha composto le musiche originali di ciascun podcast, e la sigla Swimming in a Black Pool, ispirata alle atmosfere cool jazz degli anni ’40 e ’50.

Simone Campa crea per Neri Pozza una alchimia acustica in cui musica e suoni diventano veri e propri strumenti narrativi al pari della voce: ora commento e didascalia, ora trasporto emotivo, ora suggestione immaginifica che con immediatezza ed efficacia accompagna l’ascoltatore in quella che ama definire una “sonosfera” (ovvero l’insieme di ambientazione sonora, panorama sonoro e dimensione acustica) in cui il potenziale evocativo del racconto si esprime pienamente. Simone Campa ha creato colonne sonore e musiche di scena per attori e registi di rilievo internazionale tra cui Silvio Orlando (La vita davanti a sé – Romain Gary), John Turturro (Italian Folk Tales/Fiabe italiane – Calvino, Pitrè, Basile), Alessio Boni (Lo Stesso Mare), Cesare Lievi (Leonce und Lena – Georg Büchner), Alessandro Preziosi (Niente di nuovo sul fronte occidentale – Erich Maria Remarque) e Francesco Pannofino (Le intermittenze della morte – Josè Saramago).

AMITAV GHOSH. RITRATTO DI UNO SCRITTORE

Il grande autore indiano parla degli anni della sua formazione, delle sue esperienze e delle sue fonti di ispirazione, offrendo agli ascoltatori un viaggio nell’educazione culturale e civile di uno scrittore che ha trasformato la storia del colonialismo e la questione ambientale in una materia letteraria unica nella narrativa contemporanea.

La Maledizione della Noce Moscata – Nell’aprile del 1621 a Selamon, un villaggio nell’arcipelago delle Banda, una spruzzata di minuscole isole perse tra l’Oceano Indiano e il Pacifico, un banale incidente – una lampada schiantatasi al suolo nella bale-bale, la sala riunioni requisita per sé e per i suoi da Martijn Sonck, funzionario olandese della Compagnia delle Indie orientali – innescò uno dei crimini piú efferati che la storia del colonialismo ricordi. Sonck aveva ricevuto l’ordine di distruggere il villaggio ed eliminare i suoi abitanti. Aveva, però, i nervi a fior di pelle poiché aveva percepito nell’apparente acquiescenza dei nativi un rabbioso fermento. Quando la lampada cadde, il suo nervosismo si mutò in panico. Lui e i suoi consiglieri afferrarono le armi e cominciarono a sparare a casaccio. I bandanesi, abitanti dell’unico luogo del pianeta dove cresce l’albero della noce moscata, una delle spezie di cui le grandi potenze coloniali si contendevano il monopolio commerciale, furono massacrati, annientati senza pietà. Nelle pagine di Amitav Ghosh, questa feroce storia di conquista e sfruttamento – dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura – assurge a parabola della furia devastatrice del colonialismo occidentale e delle sue irreversibili conseguenze fino ai giorni nostri. Come in tante situazioni analoghe, il genocidio dei bandanesi cancellò dalla faccia della terra anche la loro tradizione di armonioso connubio con la natura.

Se oggi il nostro futuro come specie è in pericolo, avverte Ghosh, le cause vanno ricercate a partire dalla scoperta del Nuovo Mondo e dall’apertura delle rotte attraverso l’Oceano Indiano. L’odierna crisi climatica, demografica e sociale non è, infatti, estranea all’ordine geopolitico inaugurato dai colonizzatori del Primo mondo, alla visione meccanicistica delle terre di conquista in cui la natura esiste solo in quanto risorsa da sfruttare e non come entità viva, autonoma e densa di significato; all’assoggettamento indiscriminato di «umani selvaggi» e di «non umani» come alberi, animali, paesaggi. Nella potente narrazione di Ghosh, i drammi del nostro presente globalizzato – migrazioni, siccità, pandemia, guerre, emergenza energetica – si ricongiungono cosí a episodi soltanto temporalmente remoti, in realtà cosí affini nella loro furia devastatrice che la maledizione della noce moscata non è affatto lontana da noi.

AMITAV GHOSH è nato a Calcutta nel 1956, ha studiato a Oxford e attualmente vive tra la sua città natale e New York. Considerato «uno dei piú grandi scrittori indiani» (la Repubblica), ha pubblicato anche: Il paese delle maree (Neri Pozza 2005, beat 2020), Circostanze incendiarie (Neri Pozza 2006), Il Palazzo degli specchi (Neri Pozza 2007, beat 2022), Mare di papaveri (Neri Pozza 2008, beat 2011), Il cromosoma Calcutta (Neri Pozza 2008, beat 2013), Lo schiavo del manoscritto (Neri Pozza 2009), Le linee d’ombra (Neri Pozza 2010, beat 2017), Il fiume dell’oppio (Neri Pozza 2011, beat 2017), Diluvio di fuoco (Neri Pozza 2015, beat 2017), La grande cecità (Neri Pozza 2017, beat 2019), L’isola dei fucili (Neri Pozza 2019, beat 2021) e Jungle nama (Neri Pozza 2021).

MALEDETTA SARAJEVO

Fu la prima guerra in Europa dal 1945. Il più lungo assedio dell’età moderna. Genocidi e pogrom come non se ne vedevano dai tempi di Hitler e Stalin. A Srebrenica, l’uomo diede il peggio di sé. I lager, gli stupri etnici, i profughi. L’evoluta Europa si ritrovò faccia a faccia con un odio tribale che pareva uscito dal Medioevo.

Accadeva solo trent’anni fa, al di là dell’Adriatico, e già non ce lo ricordiamo più. Eppure la guerra in Bosnia rappresentò un prima e un dopo per tutti noi, la madre di tante crisi successive: lo scontro con l’Islam, l’odio razziale, i nazionalismi, le grandi migrazioni. Francesco Battistini e Marzio G. Mian, che raccontarono la guerra da dentro, tornano ad ascoltare i protagonisti di quella tragedia. Vittime e carnefici. Testimoni e mediatori internazionali, come Carl Bildt, Lord Owen, Carla Del Ponte. Incontrano il generale francese che comandava i Caschi Blu dell’Onu e scappò da Srebrenica. Intervistano nel supercarcere dell’Isola di Wight il primo responsabile di tutto: Radovan Karadžic´, condannato all’ergastolo per genocidio, che rivela episodi, retroscena, segreti di quegli anni di follia e della sua lunga latitanza. «A un certo punto – dice – ci accorgemmo che nemmeno i gatti dei musulmani andavano d’accordo con i gatti dei serbi».

Un viaggio inchiesta in un dopoguerra non ancora finito. Un’indagine sulle responsabilità d’allora e sui fallimenti del dopo. La pavida Europa, ostaggio dell’arroganza tedesca e incapace di gestire le emergenze in casa sua. Le ambigue manovre del Vaticano. I misteri del primo bombardamento nella storia della Nato. Le spie americane che al Tribunale dell’Aia ostacolavano la nuova Norimberga. I nuovi tamburi di guerra in una Bosnia ancora più radicalizzata.

Passati trent’anni, questo libro racconta anche di noi. Di come siamo cambiati: facevamo a gara per accogliere i profughi, affondavamo nel fango per portare gli aiuti, gli intellettuali si sporcavano la camicia sotto le bombe. E l’ultimo giornalismo eroico, senza internet e social, andava sul campo a smuovere le coscienze e a smascherare il potere. Non siamo mai guariti dalla Sindrome di Sarajevo, la maledizione di un luogo che ha incendiato il Novecento con la Prima guerra mondiale e ha tenuto a battesimo il Nuovo Millennio. Senza saperlo, la generazione cresciuta dopo il 1992 si porta ancora addosso la polvere di quelle macerie.

Francesco Battistini è inviato speciale al Corriere della Sera, dopo aver lavorato al Giornale di Indro Montanelli e alla Voce. Ha seguito i Balcani dalla Bosnia in poi. Già corrispondente da Gerusalemme, si occupa prevalentemente di Europa dell’Est, Medio Oriente e Nord Africa. Ha coperto una dozzina di conflitti dall’Afghanistan all’Iraq. Coautore di Che cosa è l’Isis (Fondazione Corriere della Sera).

Marzio G. Mian ha fondato insieme con altri giornalisti internazionali la società no profit The Arctic Times Project con sede negli Usa. In Italia fa parte di The River Journal, progetto di racconto multimediale attraverso i grandi fiumi del mondo. Collabora con Rai, Sette, Il Giornale, GQ, L’Espresso. È stato per sette anni vicedirettore di Io donna, il femminile del Corriere della Sera. Ha realizzato inchieste e reportage in 56 paesi. Autore di teatro, ha scritto un libro sulle guerre balcaniche: Karadzic, carnefice psichiatra poeta (Mursia, 1996). Con Neri Pozza ha pubblicato Artico. La battaglia per il grande Nord (2018) e Tevere controcorrente (2019).

CARO PIER PAOLO

Il 2 novembre 1975 il corpo esanime di Pier Paolo Pasolini viene trovato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. A distanza di oltre 45 anni, Dacia Maraini, una delle amiche più vicine al poeta, scrittore e regista, scrive Caro Pier Paolo, una confessione delicata come una corrispondenza senza tempo, in cui tutto è presente e vivo.

Pier Paolo Pasolini è un autore di culto anche per i più giovani. La sua è stata una vita fuori dagli schemi: per la forza delle sue argomentazioni, l’anticonformismo, l’omosessualità, la passione per il cinema, la sua militanza e quella morte violenta e oscura. Sono passati cento anni dalla sua nascita, e quasi cinquanta dalla sua scomparsa. Eppure è ancora vivo, nitido, tra noi, ancora capace di dividere e di appassionare. Di quel mondo perduto, degli amici che lo hanno frequentato, della società letteraria di cui ha fatto parte, c’è un’unica protagonista, che oggi ha deciso di ricordare e raccontare: Dacia Maraini. Dacia Maraini è stata una delle amiche piú vicine a Pier Paolo. E in queste pagine la scrittrice intesse un dialogo intimo e sincero capace di prolungare e ravvivare un affetto profondo, nutrito di stima, esperienze artistiche e cinematografiche, idee e viaggi condivisi con Alberto Moravia e Maria Callas alla scoperta del mondo e in particolare dell’Africa. Maraini costruisce questa confessione delicata come una corrispondenza senza tempo, in cui tutto è presente e vivo. Nelle lettere a Pier Paolo che definiscono l’architettura narrativa del libro hanno un ruolo centrale i sogni che si manifestano come uno spazio di confronto, dove affiorano con energia i ricordi e si uniscono alle riflessioni che la vita, il pensiero e il mistero sospeso della morte di Pasolini ispirano ancora oggi all’autrice. Lo stile intessuto di grazia e dolcezza, ma anche di quella componente razionale e ferma, caratteristica della scrittura di Dacia, fanno di questo disegno della memoria che unisce passato, presente e futuro non solo l’opera piú significativa, ma l’unica voce possibile per capire oggi chi è stato davvero un uomo che ha fatto la storia della cultura del Novecento.

Dacia Maraini, figlia dell’orientalista Fosco e di Topazia Alliata di Salaparuta, discendente da una nobile famiglia siciliana, trascorse l’infanzia in Giappone. Ritornata in Italia, dopo un periodo a Bagheria, raggiunse il padre a Roma, ormai separato dalla madre. Nel 1957 fondò insieme ad altri la rivista letteraria «Tempo della letteratura». È stata a lungo compagna di Alberto Moravia. Tutte le sue Opere sono raccolte in un Meridiano di recente pubblicazione. Con la raccolta di racconti Buio (1999) si è aggiudicata il Premio Strega. Con La lunga vita di Marianna Ucrìa (1990), tra i romanzi italiani più venduti degli ultimi decenni, ha vinto il premio Campiello.

CONVERSAZIONI D’AUTORE: CARMEN VERDE

Il direttore editoriale Giuseppe Russo e l’editor Roberto Cotroneo dialogano con Carmen Verde, autrice di Una minima infelicità.

Una minima infelicità è un romanzo vertiginoso. Una nave in bottiglia che non si può smettere di ammirare. Annetta racconta la sua vita vissuta all’ombra della madre, Sofia Vivier. Bella, inquieta, elegante, Sofia si vergogna del corpo della figlia perché è scandalosamente minuto. Una petite che non cresce, che resta alta come una bambina. Chiusa nel sacrario della sua casa, Annetta fugge la rozzezza del mondo di fuori, rispetto al quale si sente inadeguata. A sua insaputa, però, il declino lavora in segreto. È l’arrivo di Clara Bigi, una domestica crudele, capace di imporle regole rigide e insensate, a introdurre il primo elemento di discontinuità nella vita familiare. Il padre, Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti, cede a quella donna il controllo della sua vita domestica. Clara Bigi diventa cosí il guardiano di Annetta, arrivando a sorvegliarne anche le letture. La morte improvvisa del padre è per Annetta l’approdo brusco all’età adulta. Dimentica di sé, decide di rivolgere le sue cure soltanto alla madre, fino ad accudirne la bellezza sfiorita. Allenata dal suo stesso corpo alla rinuncia, coltiva con ostinazione il suo istinto alla diminuzione. Ogni pagina di questo romanzo ci mostra cosa significhi davvero saper narrare utilizzando una lingua magnifica che ci ipnotizza, ci costringe ad arrivare all’ultima pagina, come un naufragio desiderato. Questo libro è il miracolo di una scrittrice che segna un nuovo confine nella narrativa di questi anni.

I Neri Pozza Podcast sono disponibili su Spreaker e sulle altre piattaforme online: Spotify, Apple Podcast, Google Podcast, Audible.